La Trilogia degli Schiavi è una serie di libri pubblicati dall’autore danese Thorkild Hansen alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso. È stata tradotta in italiano solo nel 2005 da Iperborea, la Casa Editrice nota per il suo catalogo dedicato alla letteratura scandinava
Non si tratta di romanzi, né di saggi. Siamo invece di fronte ad un genere molto particolare, che si può definire romanzo-documentario. L’autore utilizza scrupolosamente le fonti storiche a disposizione. Ve ne sono di ufficiali – rapporti, delibere governative, codici legislativi – e di private – lettere, memoriali, diari. Mettendole insieme costruisce una narrazione che è al contempo avvincente come un romanzo e precisa come un documentario.
Il tema è la tratta degli schiavi, di cui abbiamo parlato in un recente articolo (https://stefanotartaglino.it/africa-da-riscoprire-la-tratta-degli-schiavi-parte-7-di-8 )La Danimarca la intraprese in leggero ritardo sulle altre nazioni europee. Il primo forte danese sulle coste africane, nell’attuale Guinea, venne costruito nel 1661. La presenza danese fu sempre molto ristretta, per lo meno in confronto alle grandi potenze europee dell’epoca come Francia, Inghilterra e Olanda. Ma questo non impedì che, al pari degli altri Stati, anche la Danimarca trasportasse al di là dell’Atlantico decine di migliaia di Africani.
La Costa degli Schiavi
Il primo volume illustra le spedizioni che partivano dai forti sulla costa e si spingevano nell’interno a caccia di uomini, donne e bambini. I Danesi, e gli Europei in genere, lasciavano che a fare il grosso del lavoro fossero i negrieri, che meglio conoscevano le regioni dell’interno, in particolare le fittissime giungle. Si limitavano ad aspettare, nei loro fortini sulla costa, che il carico venisse loro consegnato.
Il libro narra del difficile viaggio verso la costa, durante il quale molti schiavi morivano, specialmente bambini. Si passa poi all’arrivo al forte e all’ispezione sanitaria, volta a stabilire il valore monetario di ogni singolo schiavo. E infine alla vendita ai capitani delle navi negriere che attendono in porto.
Nel contempo si narra della vita quotidiana dei Danesi al forte, funestata dalle frequentissime morti dovute alle malattie tropicali, contro le quali gli Europei erano totalmente privi di difese.
Le Navi degli Schiavi
Il secondo volume è dedicato alla traversata dell’Atlantico. Le condizioni di vita degli schiavi scaraventati nelle stive delle navi erano spaventose. Le navi erano infatti costruite per caricare il maggior numero possibile di schiavi. Una volta imbarcati venivano incatenati gli uni agli altri, e non avevano spazio nemmeno per stare in piedi. Il viaggio durava circa due mesi, durante i quali venivano nutriti il minimo indispensabile. Solo quando mancavano pochi giorni all’arrivo si dava loro del vitto migliore, perché riacquisissero un aspetto florido e potessero essere venduti a un prezzo più alto.
I capitani delle navi avevano tutto l’interesse a portare a termine la traversata nel più breve tempo possibile e con una mortalità tra gli schiavi che rimanesse nella media considerata fisiologica. Il loro guadagno derivava infatti dal numero di schiavi che arrivavano vivi nelle colonie del Nuovo Mondo. Alcuni di loro riuscirono ad arricchirsi abbastanza, nel corso di molti viaggi, per migliorare la propria condizione sociale in patria. Non nascondevano il proprio mestiere, che era ben noto a tutti e considerato un lavoro degno di una persona rispettabile.
Le Isole degli Schiavi
Il terzo volume indaga le condizioni di vita e di lavoro degli schiavi nelle piantagioni di canna da zucchero. La Danimarca possedeva tre isole nei Caraibi: le attuali Isole Vergini. Ne mantenne il possesso per secoli, e dopo la Prima Guerra Mondiale le vendette agli Stati Uniti.
Durante il dominio danese le rivolte furono molto frequenti. Ma tutte vennero represse. La cosa sorprendente è che i coloni e padroni bianchi furono sempre molto pochi numericamente, di fronte ad un’enorme massa di schiavi.
Il libro dimostra poi come la Danimarca sostenne, e sostiene ancora oggi, di essere stata la prima nazione al mondo ad abolire la schiavitù. Un’affermazione completamente falsa. Infatti dopo la dichiarazione ufficiale il commercio andò ancora avanti per decenni. I proprietari delle piantagioni ignorarono apertamente i decreti del governo, che del resto aveva troppa paura di mettersi contro i loro interessi.
Fu solo quando le piantagioni di canna da zucchero entrarono in crisi, nella seconda metà dell’Ottocento, che la schiavitù venne abolita sul serio.
I tre libri di Thorkild Hansen costituiscono un interessante esperimento letterario. Attraverso i documenti dell’epoca fanno parlare i protagonisti di quegli anni, in tutte e tre le fasi del commercio di schiavi. Persone comuni, mai entrate nei libri di Storia, ci rivelano i loro pensieri, ci raccontano la loro vita e la loro carriera. Il tutto sullo sfondo di una schiavitù considerata un fatto assolutamente normale.