Quest’opera del famoso scrittore peruviano, Premio Nobel per la Letteratura nel 2010, ricostruisce in forma romanzata la vita e le battaglie – politiche e giornalistiche ma non per questo meno cruente – di Roger Casement (1864 – 1916), diplomatico dell’Impero Britannico e poi strenuo attivista per l’indipendenza dell’Irlanda.
La vicenda si apre a pochi giorni dalla morte di Casement, condannato alla pena capitale con l’accusa di alto tradimento. È stato infatti uno degli ispiratori della Rivolta di Pasqua, l’aperta ribellione con la quale nel 1916 l’Irlanda cercò di scacciare l’occupante britannico. Ma la sua colpa più grave è di aver cercato di coinvolgere nei suoi piani la Germania, e proprio negli anni cruciali della Prima Guerra Mondiale.
Alle riflessioni del condannato in attesa dell’esecuzione si alternano i ricordi della sua vita e della sua carriera diplomatica come console dell’Impero Britannico. La prima spedizione in Africa al seguito del celebre esploratore Henry Morton Stanley lo vede ancora imbevuto di quelle idee colonialiste condivise dall’intera Europa del tempo.
In un impeto di idealismo e di sogno avventuriero, aveva deciso nel 1884 di lasciare l’ Europa e di andare in Africa a lavorare, attraverso il commercio, il cristianesimo e le istituzioni sociali e politiche d’ Occidente, per emancipare gli africani dall’ arretratezza, dalla malattia e dall’ ignoranza.
Non erano soltanto parole. Credeva profondamente in tutto ciò quando, a vent’ anni, era arrivato nel continente nero.
Ma con il tempo scoprirà di quali orrori l’uomo bianco si macchia, in Africa non meno che in Amazzonia, dove si svolge la seconda parte della sua carriera.
L’affare planetario di quegli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento è la raccolta del caucciù. In Africa il maggior produttore è il Congo, colonia del Belgio e proprietà personale del re Leopoldo II. Subito dopo viene la foresta amazzonica tra Brasile, Perù e Colombia, dove opera una ditta locale sostenuta da capitali inglesi.
L’ estrazione del caucciù, oro nero avidamente bramato allora in tutto il mondo per le ruote e i paraurti di camion e automobili e mille altri usi individuali e domestici.
Nel corso dei suoi viaggi incontrerà anche lo scrittore Joseph Conrad, che di lì a poco pubblicherà il suo celebre romanzo Cuore di Tenebra, ambientato proprio in Congo (anche se oggi è più nota la versione cinematografica, l’altrettanto celebre film Apocalipse Now, che trasferisce la vicenda nella guerra del Vietnam).
Tornato in Europa si rende conto che anche la sua patria, l’Irlanda, soffre il giogo coloniale al pari del Congo e dell’Amazzonia. Si licenzia dal servizio britannico e, mentre approfondisce la storia e le tradizioni dell’Irlanda, sopite ma non cancellate dalla lunga occupazione inglese, diventa uno dei più attivi e ardenti sostenitori dell’indipendenza dell’isola.
Oggi la sua figura è stata parzialmente riabilitata, ma per lunghi anni è stata consapevolmente dimenticata, anche da parte degli stessi Irlandesi. E questo a causa delle sue tendenze omosessuali, emerse dalla lettura dei suoi diari durante il processo.
Vale la pena riscoprire la sua storia, perché è stato uno dei primi a denunciare il terrore, i soprusi, le violenze che le potenze europee esercitavano, totalmente impunite, nelle loro colonie. Quello stesso “Orrore, orrore !” che riecheggia alla fine di Cuore di Tenebra.