Il Coronavirus che si sta diffondendo nel mondo non è la prima epidemia che colpisce l’Europa. E non è nemmeno la prima che arriva dalla Cina. È però la prima dell’epoca attuale. Fa impressione perché credevamo di essercele lasciate per sempre alle spalle. Pensavamo fosse un problema del passato, tipico del Medioevo, di secoli fa. Ma non è così.
In questi giorni è stata ricordata la cosiddetta “influenza spagnola” del 1918-19, che si abbatté su un’Europa già duramente provata dalla Prima Guerra Mondiale. Ma prima di questa il Vecchio Continente ha conosciuto già altre epidemie.
Vediamo quelle dell’antichità, poco conosciute ma ugualmente importanti.
LA PESTE DI ATENE
Antica Grecia, Atene, anno 430 avanti Cristo. È da poco iniziata la Guerra del Peloponneso, il grande scontro tra Atene e Sparta. Durerà trent’anni, e vedrà la vittoria di quest’ultima. Ma per adesso Atene ha un altro problema: un’epidemia.
Ancora oggi, nonostante gli scrittori dell’epoca ne abbiano parlato ampiamente, non è chiaro che malattia fosse. Chiamarla “peste” è improprio, perché nulla ci dice che il batterio responsabile fosse proprio lo Yersinia Pestis. Secondo gli studiosi si trattò forse di tifo.
Quello che si sa è che arrivò dall’Etiopia, passò in Egitto, poi nelle isole greche ed infine ad Atene. La città aveva molti contatti sia con le isole, che dominava come una sorta di impero, sia con l’antica terra dei Faraoni, all’epoca occupata dall’Impero Persiano.
Ad Atene il contagio si diffuse in un lampo, poiché a causa della guerra tutta la popolazione, compresi i contadini delle campagne, era ammassata in città, al riparo delle invincibili mura.
L’epidemia durò all’incirca due anni. Tranne un focolaio nel nord della Grecia, portato dagli stessi Ateniesi, che stavano conducendo operazioni militari nella zona, non sembra essersi estesa al di fuori della regione di Atene.
La vittima più illustre fu Pericle, il leader di Atene, il politico che da una ventina d’anni governava la città ed esercitava un potere personale ed esclusivo.
(Pericle, il leader di Atene)
La “peste di Atene” fece un’enorme impressione all’epoca, sia tra la gente comune che tra gli intellettuali. Era la prima volta che la cultura greca, e occidentale in genere, si confrontava con un’epidemia.
Nonostante lo shock e lo sconvolgimento sociale e civile portato dal morbo, Atene non crollò. Questo fu possibile grazie ai rifornimenti che continuava a ricevere via mare, il cui regolare arrivo era garantito dalle inviolabili mura della città, che comprendevano anche il porto del Pireo. La diffusione del contagio fu inoltre molto limitata, sia nel tempo che nello spazio. Quando la malattia scomparve si riprese la guerra contro Sparta.
LA PESTE ANTONINA
Impero Romano, Secondo Secolo dopo Cristo, sotto il regno di Marco Aurelio. Proprio lui, l’imperatore che compare all’inizio de Il Gladiatore. Non fu ucciso dal figlio Commodo, come mostrato nel film, ma morì di malattia, forse – ma non è certo – proprio di “peste” (anche questa volta tra virgolette, perché non sappiamo di che epidemia si trattasse: morbillo, si pensa, o forse vaiolo).
(La statua equestre di Marco Aurelio – Roma, Musei Capitolini, già in Piazza del Campidoglio)
Questa epidemia arrivò dall’Oriente. L’Impero Romano era al massimo del suo splendore, ma aveva già due nemici formidabili: ad oriente il regno dei Parti, che dominava gli attuali Iran e Iraq; e a nord i popoli della Germania. Questi non erano più tribù piccole e disorganizzate, come all’epoca di Giulio Cesare duecentocinquant’anni prima, ma stavano diventando delle grandi confederazioni.
Grazie alla loro nuova forza, i Germani travolsero le difese romane sui confini e penetrarono in profondità nell’Impero, giungendo fino ad Aquileia. Marco Aurelio, che era riuscito a stabilizzare il fronte in Oriente, tornò di corsa in Occidente. Ma le legioni avevano contratto il morbo in Oriente, e lo portarono in Europa.
In breve tempo l’epidemia dilagò in tutto l’Impero Romano. Oggi viene chiamata “peste antonina”, perché Marco Aurelio apparteneva alla dinastia degli Antonini.
Per la seconda volta l’Occidente fu colto completamente di sorpresa. Tra l’altro, proprio come avverrà all’epoca dei conquistadores e della scoperta dell’America, la popolazione mancava totalmente di difese immunitarie contro la malattia. Da questo punto di vista i popoli della Germania erano molto meglio attrezzati, e infatti tra di loro l’epidemia fece pochissime vittime.
Al morbo fece seguito una grave carestia, che a sua volta provocò una crisi economica, poiché la diminuzione della popolazione aveva impoverito il gettito fiscale. Secondo alcune fonti nel solo anno 189 dopo Cristo a Roma morivano 2.000 persone al giorno. L’epidemia continuò per quasi venticinque anni, alternando periodi in cui sembrava scomparire ad altri in cui riprendeva con la medesima violenza.
Da questo momento le epidemie – di peste, di tifo, di colera, di morbillo, di vaiolo – divennero una costante della storia d’Europa. Non scomparvero mai del tutto, ma si ripresentarono ad intervalli più o meno regolari, anche se spesso rimasero limitate a poche regioni.
LA PESTE DI GIUSTINIANO
Impero Bizantino, Sesto Secolo dopo Cristo. Questa è la prima epidemia sicuramente riconosciuta come PESTE, il cui responsabile è proprio il batterio Yersinia Pestis, che viene trasmesso all’uomo dai ratti, o meglio dalle loro pulci.
Siamo nell’Impero Bizantino, detto anche Impero Romano d’Oriente. A differenza di quello d’Occidente, caduto ormai da settant’anni, qui il nome e la forza di Roma sono ancora ben vivi, sebbene la società si stia progressivamente orientalizzando.
(L’imperatore Giustiniano nei mosaici della Basilica di San Vitale a Ravenna)
Giustiniano è il più grande imperatore di Bisanzio. Sogna di restaurare l’unità dell’Impero Romano, e intraprende una lunga e difficile guerra in Italia, per strapparla agli Ostrogoti. Ma a complicare le cose giunge la peste.
Sembra arrivare dall’Egitto, regione che fornisce buona parte delle derrate alimentari all’impero. Colpisce l’intero Mediterraneo orientale, e naturalmente anche Costantinopoli (oggi Istanbul), capitale dell’impero. Gli scrittori dell’epoca parlano di migliaia di morti. Non sembra, invece, aver raggiunto l’Occidente, nonostante le guerre in corso.
L’epidemia durò due anni nella sua fase più acuta, ma si ripresentò varie volte per i successivi duecento anni.
Le tre epidemie di cui abbiamo parlato ebbero senz’altro gravi conseguenze per le società e le civiltà che colpirono. Ma nulla in confronto alla più grande di tutte, che devasterà l’intera Europa, dalla Grecia alla Spagna, dall’Italia alla Scandinavia: la peste nera del Trecento.
FONTI :
Per la “peste di Atene” >
Cinzia Bearzot, Manuale di Storia Greca, Il Mulino
Domenico Musti, Storia Greca, Laterza
Per la “peste antonina” >
Emilio Gabba (a cura di), Introduzione alla storia di Roma, LED
Giovanni Geraci e Arnaldo Marcone, Storia Romana. Editio maior, Le Monnier
Per la “peste di Giustiniano” >
2 commenti su “LE EPIDEMIE NELL’ANTICHITÀ”
Sempre interessante, come al solito cose che un po’ sapevo, ma in realtà non sapevo. A me piacerebbe che approfondissi anche di più.
Ci sarà un seguito sulla peste nera del 300 e le epidemie successive?
Si può dire che non hanno mai fatto crollare una civiltà oppure qualche volta hanno davvero cambiato la storia? (tanto per preparaci al prossimo futuro!)
Anche a me piacerebbe approfondire di più, ma le regole del Web mi impongono di scrivere in un certo modo.
Non penso di fare un seguito dedicato alla Peste Nera: ne parlano già in molti, citando l’inevitabile Boccaccio. Idem per Manzoni e la peste di Milano del ‘600.
Io mi sono concentrato sulle epidemie dell’antichità proprio perché sono le meno conosciute. Che mi risulti nessuna epidemia è mai stata responsabile, da sola, del crollo di una civiltà, di uno Stato o di un regno. E’ capitato invece che l’epidemia si aggiungesse ad altre disgrazie, o che non colpisse gli uomini ma gli animali e le colture (pensa ad esempio alla malattia delle patate nell’Irlanda dell’800, che costrinse una gran parte della popolazione a emigrare negli Stati Uniti).