LA COLONIZZAZIONE DELL’AFRICA (PARTE 5): il massacro degli Herero

Il massacro degli Herero fu uno degli atti più sanguinosi mai commessi durante la colonizzazione dell’Africa. E responsabili ne furono i Tedeschi.

 

Siamo agli inizi del Novecento, nell’attuale Stato della Namibia. All’epoca si chiamava Africa Occidentale Tedesca.

In quegli anni tutta l’Africa doveva fare i conti con la terribile peste bovina. Il morbo aveva ucciso il 95% del bestiame. (ne abbiamo parlato qui: https://stefanotartaglino.it/la-colonizzazione-dellafrica-parte-1-le-grandi-potenze ).

Gli Herero erano un popolo di pastori. E avevano perso tutto. Per sopravvivere erano stati costretti a svendere le loro terre ai coloni tedeschi, e a lavorare per loro come braccianti e operai.

Il governatore tedesco scrisse a Berlino che gli Africani si stavano adattando perfettamente al dominio coloniale. Quanto ai coloni, trattavano i neri in maniera brutale. Frustate e stupri erano all’ordine del giorno. Persino gli omicidi erano lasciati impuniti. Le autorità facevano finta di non vedere.

 

Gli Herero non avevano più nulla da perdere. E si ribellarono. Attaccarono le fattorie dei coloni e le stazioni commerciali, uccidendo gli uomini ma risparmiando donne e bambini. In pochi giorni si contarono oltre cento vittime.

 

Il governo coloniale avrebbe voluto tentare di negoziare, ma non ne ebbe il tempo. Nel 1904 giunse dalla Germania il generale Lothar Von Trotha (sì, si chiamava così. In italiano il suo nome può far ridere, ma come stiamo per vedere non era davvero il caso).

 

(Il generale tedesco Lothar Von Trotha – copyright Wikimedia Commons)

 

Von Trotha portava con sé truppe di rinforzo per le guarnigioni e l’ordine di soffocare la rivolta a tutti i costi.

Fu proprio quello che fece.

Per prima cosa cacciò gli Herero dalle loro terre, e li confinò nel terribile deserto del Kalahari. Poi istituì una linea di posti di blocco, per fermarli se avessero tentato di tornare indietro. Infine emanò un proclama, che lasciava loro solo due alternative: l’esilio perpetuo o lo sterminio totale.

 

Il governatore provò a protestare, spiegando che i neri erano necessari per lavorare e garantire la prosperità della colonia. Ma Von Trotha era di parere contrario. Per lui non servivano neanche a quello. “Che lavorino i bianchi” pare abbia detto.

 

L’anno successivo iniziò una campagna militare contro un altro popolo della regione, i Nama. Qui però incontrò maggiori difficoltà. I Nama erano solo 1500, ma usando tattiche di guerriglia seppero tenere a lungo testa all’esercito tedesco, forte di ben 15.000 uomini. Nonostante fossero uno contro dieci, i Nama resistettero, anche grazie alla guida di capi esperti.

Alla fine comunque Von Trotha ebbe la meglio. Nel 1905 tornò in Germania, dove ricevette una decorazione al merito.

 

Gli Herero, intanto, erano quasi scomparsi. In 24.000 erano stati spinti nel deserto del Kalahari. Ma solo 5.000 riuscirono a raggiungere il Sudafrica. Tutti gli altri morirono o si consegnarono ai Tedeschi.

Quelli che si arresero, malati ed affamati, furono rinchiusi in campi di lavoro forzato, dove morirono in condizioni spaventose.

Alla partenza di Von Trotha, il 75% degli Herero e dei Nama era stato sterminato. La popolazione nera della regione non esisteva più. L’Africa Occidentale Tedesca assunse un carattere marcatamente germanico. Questo permane ancora oggi che è ormai divenuta indipendente con il nome di Namibia.

 

Secondo alcune fonti, il massacro degli Herero ha le caratteristiche di un vero e proprio genocidio. E sembra fin troppo facile vedervi una sorta di “prova generale” di quello che avverrà durante la Seconda Guerra Mondiale. Come se la convinzione della superiorità di una razza sulle altre fosse esclusivamente tedesca.

 

I Tedeschi senza dubbio ci misero del loro. Ad esempio prelevarono i teschi dei nemici uccisi e li mandarono nelle università in Germania. Qui illustri professori li esaminarono, cercando le prove biologiche dell’inferiorità della razza nera. Tra coloro che li studiarono figura anche un giovane Joseph Mengele.

 

Il massacro degli Herero è stato completamente rimosso dalla coscienza nazionale della Germania. Ancora oggi i Tedeschi preferiscono pensare di essere stati una potenza coloniale tutto sommato mite, se paragonata alle altre dell’epoca.

Ammettere la colpa per quanto avvenne in Africa equivarrebbe a dire di avere una propensione allo sterminio. Non si potrebbe più affermare, ad esempio, che il genocidio degli Ebrei sia stato un episodio isolato, attribuibile unicamente alla follia del solo Hitler.

Va anche detto che molti veterani della guerra contro gli Herero e i Nama confluirono poi, nel 1919, nei Freikorps, ovvero le prime milizie di matrice nazista, che all’epoca davano la caccia ai comunisti. E anche un altro generale poi divenuto nazista, Franz Von Epp, era un veterano d’Africa.

 

Solo nel 1978 in Germania si iniziò a fare i conti con questi eventi. Lo scrittore Uwe Timm pubblicò il romanzo Morenga, che racconta la resistenza, sotto forma di guerriglia, del condottiero del popolo Nama. Ma nemmeno nella stessa Namibia se ne volle sentir parlare, tanto che il governo locale bollò lo scrittore come “persona non grata”.

 

 

FONTI:

Marcello Flores, “La Germania riscopre il suo primo genocidio”, su La Lettura del Corriere della Sera, 22 Aprile 2018

Anna M. Gentili, Il leone e il cacciatore. Storia dell’Africa sub-sahariana, Carocci 2008.

Tonia Mastrobuoni, “Prove tecniche di Shoah”, su Il Venerdì di Repubblica del 02 Giugno 2017

John Reader, Africa. Biografia di un continente, Mondadori 2017

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