L’ ISLAM IN IRAN: L’ ULTIMO IMPERO PERSIANO
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Dove : Medio Oriente – Asia Centrale
Quando : dal 2300 avanti Cristo al 2018 dopo Cristo
Perché : perché non è solo il paese degli ayatollah
Di cosa parleremo: del suo costante ruolo di ponte tra il mondo mediterraneo e l’Asia; delle sue religioni (al plurale); del perché è sempre stato centrale per l’Islam, di come è diventato quello che è oggi e di come è davvero, al di là della retorica (USA e occidentale in genere, ma anche islamica).
A partire dalla metà del Duecento anche l’Iran, come tutto il Medio Oriente, venne investito dalle invasioni dei Mongoli, che distrussero il potere dei Turchi Selgiuchidi. Le armate di Gengis Khan si spinsero fino in Egitto, mentre in Europa dilagarono fino in Polonia e per secoli dominarono i territori dell’attuale Russia e Ucraina.
Ma verso la metà del Trecento, nel nord della Turchia, una nuova tribù turca iniziò la sua ascesa al potere supremo : gli OTTOMANI.
Gli Ottomani assunsero pian piano l’egemonia nel mondo islamico, ma ben presto si volsero anche verso l’Europa, sferrando colpi che si sarebbero rivelati mortali all’Impero Bizantino ormai in pieno tracollo. La loro ascesa fu temporaneamente fermata da una nuova invasione dei Mongoli, guidati da un altro condottiero entrato nella Storia: Tamerlano. Anche questa volta, comunque, il potere dei Mongoli scomparve insieme al condottiero, e i Turchi Ottomani ripresero la propria espansione, fondando il grande impero che sarebbe durato fino alla Prima Guerra Mondiale. Nell’anno 1453 infine conquistarono l’ultimo scampolo di Impero Bizantino: la grande capitale, Costantinopoli, che da allora si chiamò Istanbul.
I Turchi Ottomani erano di confessione SUNNITA, e fu questa che imposero in tutto l’impero. Furono molto tolleranti con i Cristiani, ma perseguitarono gli Sciiti. E fu proprio dal mondo sciita, dall’Iran, che venne la sfida più grande al loro potere.
Siamo arrivati all’inizio del Cinquecento. L’Iran era diviso tra vari emirati locali e “khanati”, cioè regni, mongoli, ultimi residui dei grandi imperi fondati da Gengis Khan e Tamerlano. Pur essendosi convertiti all’Islam, e dalla parte dei Sunniti, i Mongoli non si integrarono mai nel mondo musulmano, che li vide sempre come nemici.
La dinastia che ridiede indipendenza e forza alla Persia, i SAFAVIDI, era in realtà di origine turca. Ma a differenza delle altre dalla medesima origine, che erano Sunnite, scelse ben presto lo Sciismo: i suoi membri venivano chiamati i Berretti Rossi, perché portavano dei turbanti di questo colore.
Il loro primo sovrano, ISMAIL, assunse il titolo di SHA, che in lingua persiana significa “Re”: come in tutte le dinastie da poco giunte al potere venne inventata una ascendenza fittizia, che in questo caso risaliva direttamente ai Sassanidi. Ecco dunque nuovamente all’opera la tendenza a ricollegarsi ai grandi imperi persiani del passato.
All’inizio della loro parabola storica i Safavidi si espansero verso oriente, inglobando i “khanati” mongoli. Ma subito dopo vennero attaccati da occidente, dagli Ottomani, che mal sopportavano l’ascesa di una grande potenza interamente Sciita ai loro confini. La superiorità militare degli Ottomani era evidente, ma ben presto problemi interi all’impero li costrinsero a sospendere le ostilità. I Safavidi furono così salvi, e poterono continuare a consolidare il proprio regno, che ben presto si ingrandì ben oltre la Persia propriamente detta.
Lo Sha Ismail fu colui che impose lo Sciismo quale confessione di Stato, costringendo la popolazione, interamente sunnita, a convertirsi. All’inizio ci furono, come prevedibile, fortissime resistenze, e ci vollero secoli prima che lo Sciismo si diffondesse in tutti gli strati della società.
Il nuovo regno iniziò anche a prendere contatti diplomatici con l’Europa, allo scopo di costituire un fronte unico contro il comune nemico, cioè l’Impero Ottomano. La circumnavigazione dell’Africa da parte degli Europei permise rapporti diretti tra i due mondi, bypassando il tradizionale blocco costituito dagli Ottomani.
Il più famoso sovrano della dinastia fu ABBAS IL GRANDE (1587 – 1629), che riformò l’esercito e ampliò i confini del regno, ad oriente fino a buona parte dell’Afghanistan e a occidente in Iraq, che gli Ottomani dovettero sgomberare (gli scontri però ripresero dopo la sua morte, fino a stabilire l’attuale confine tra Turchia e Iran). Sotto di lui la capitale venne spostata a ISFAHAN, che divenne una città stupenda, con splendidi palazzi. Ancora oggi Abbas è uno dei più amati sovrani dell’Iran, e la sua memoria è rimasta ben viva nella popolazione.
Come spesso accade, al regno di un grande sovrano segue rapida la decadenza. La dinastia dei Safavidi si trascinò fino a metà del Settecento. Ebbe un ultimo sprazzo di gloria con lo Sha NADIR (1736 – 1747), che condusse molte vittoriose campagne in India contro l’Impero Moghul, al quale strappò il famoso TRONO DEL PAVONE, stupendo manufatto che oggi si può ammirare nel Museo dei Gioielli di Teheran. Da allora esso divenne sinonimo del regno di Persia.
Dopo Nadir vi fu il definitivo crollo dei Safavidi. Il loro posto venne preso da una nuova stirpe, i CAGIARI.
I Safavidi erano stati in grado di creare un forte Stato centrale, organizzato con criteri moderni e il cui governo controllava strettamente le province. Sotto i loro successori, che comunque regnarono fino agli anni Venti del Novecento, riemersero invece le forze locali, e riacquistarono importanza le tribù, la fedeltà alle quali era, per la popolazione, ben più importante di quella allo Stato, visto come lontano e oppressivo.
Nel corso dell’Ottocento, data anche la debolezza della dinastia al potere, il regno divenne una pedina nella “guerra fredda” tra l’Impero Britannico e la Russia degli Zar: ciascuno dei due tentava di ampliare la propria influenza in Asia Centrale a discapito dell’altro, con gli Inglesi preoccupati dell’espansione russa verso sud, che minacciava l’India, il gioiello della corona, e i Russi sempre alla ricerca di uno sbocco verso il mare. È il cosiddetto “Grande Gioco” (The Great Game), un’appassionante quanto poco conosciuta storia di spionaggio, esplorazioni e campagne militari, che andò avanti per tutto l’Ottocento.
Si arriva infine agli anni Venti del Novecento. Le riforme tentate all’inizio del secolo erano state poche, tardive e inefficaci. Con il crollo dell’impero russo degli Zar in seguito alla Rivoluzione d’Ottobre (1917) gli Inglesi sembravano padroni del campo, ma dovettero ripiegare a causa del rinnovato espansionismo russo, con i Bolscevichi che, nella regione, ripresero la politica del precedente governo zarista.
Fu un oscuro ufficiale dell’esercito, Reza Khan, che diede il colpo di grazia alla dinastia dei Cagiari: nel 1921 marciò su Teheran, che nel frattempo era diventata la nuova capitale; nel 1923 si fece eleggere Primo Ministro e due anni dopo, nel 1925, pose fine alla dinastia e divenne lui stesso Sha, assumendo il nome di REZA PAHLAVI.
Fu il primo a doversi confrontare con il potere delle autorità religiose, e per farlo rinnovò la tradizione di richiamare alla memoria collettiva i grandi imperi persiani del passato: bypassando completamente il periodo islamico volle, anche lui, ricollegarsi al tempo degli Achemenidi e dei Sassanidi. E comprendendo la necessità di modernizzare il Paese abolì l’obbligo del velo per le donne, che tra l’altro furono fin da subito ammesse all’Università di Teheran da lui fondata (1937). Avviò inoltre una riforma della lingua persiana, dalla quale volle eliminare le parole di origine araba. Il nome stesso da lui scelto per regnare, Pahlavi, deriva dal passato pre-islamico: significa infatti “Partico”, ovvero il nome del secondo – in ordine di tempo – grande popolo della Persia antica, i Parti appunto.
In politica estera cercò di liberare il Paese dal controllo britannico: gli Inglesi infatti beneficiavano da anni di importanti concessioni in campo petrolifero, cosa che li portava, inevitabilmente, a condizionare in modo pesante il governo. In cerca di nuovi alleati, Reza Khan si rivolse dapprima alla Francia e poi agli Stati Uniti, ma non ottenne l’aiuto sperato. Più per mancanza di alternative che per un qualche interesse di altro tipo prese dunque contatti con la Germania nazista.
Venuto così a conoscenza delle teorie di Hitler sulla razza ariana decise di cambiare nome al Paese: non più “Persia”, come era stato fino ad allora, ma “Iran”, ovvero “la terra degli Ari”.
Reza Khan regnò fino al 1941, quando l’invasione congiunta di Unione Sovietica e Impero Britannico durante la Seconda Guerra Mondiale lo costrinse all’abdicazione.
Gli successe il figlio, Mohammad Reza Pahlavi, personaggio ben noto anche in Occidente per il suo ruolo internazionale ma anche, più prosaicamente, per i matrimoni con la bellissima regina Soraya prima e con l’affascinante Farah Diba poi.
Sotto il suo regno ci fu un importante anniversario: i 2.500 anni dell’impero persiano. Questa ricorrenza venne ovviamente celebrata in pompa magna, con cerimonie e parate militari non solo a Teheran ma in tutti i più importanti luoghi storici ed archeologici del Paese.
Ma fu il canto del cigno: nel 1979 Mohammad Reza venne rovesciato dalla rivoluzione islamica guidata dall’ayatollah Khomeini.
Con lui si conclude l’era dell’ impero persiano: dagli Achemenidi ai Parti, dai Sassanidi ai regni arabi, dai Safavidi ai Cagiari, fino alla dinastia Pahlavi.
FONTI :
Pier Giovanni Donini, Il mondo islamico. Breve storia dal Cinquecento ad oggi, Laterza 2015
Farian Sabahi, Il bazar e la moschea. Storia dell’ Iran 1890 – 2018, Mondadori 2019