Regia: Matteo Rovere
Anno: 2019
Interpreti: Alessandro Borghi
Da qualche tempo c’è un rinnovato interesse per le origini di Roma, testimoniato dalle lunghe ricerche condotte da Andrea Carandini, il più famoso archeologo italiano, che a questo periodo ha dedicato gran parte della sua carriera e dei suoi scavi.
Si tratta di un’epoca sconosciuta ai più: si accetta per vera la data tradizionale del 21 Aprile 753 avanti Cristo; si ricorda la leggenda che tutti abbiamo studiato a scuola: Rea Silvia, Romolo e Remo allattati dalla lupa, Romolo che fonda la città e uccide il fratello; e poi il Ratto delle Sabine e i Sette Re di Roma. Nient’altro.
Il film di Matteo Rovere cerca di mediare tra la leggenda e quella che si pensa potesse essere la realtà storica. Nella ricerca di una ricostruzione il più possibile fedele colpisce la scelta di far parlare gli attori in proto-latino, lingua che è stata ricostruita con il necessario apporto di studiosi ed esperti.
Girare un film storico utilizzando la lingua del passato non è un’idea nuova. Pioniere in questo senso fu Mel Gibson, che in questo modo realizzò ben due pellicole: Apocalypto, ambientata all’epoca degli antichi Maya, e La Passione di Cristo, nella quale venne usato, oltre al latino e all’ebraico, l’aramaico, lingua effettivamente parlata in Giudea al tempo di Gesù.
Il Primo Re ha anche un’altra particolarità. Protagonista principale non è Romolo, ma Remo. È lui il leader del gruppo di semplici pastori e contadini che, tirandosi dietro Romolo gravemente ferito e in bilico tra la vita e la morte per buona parte del film, vagano per le foreste del Lazio cercando di sfuggire agli attacchi dei guerrieri di Alba Longa, l’unica “città” (in realtà un semplice agglomerato di capanne) di una certa importanza. Nella loro fuga riescono inoltre a prendere come ostaggio la Sacerdotessa del Fuoco di Alba Longa, figura che ispirerà la prima Vestale.
Il film, a parte qualche scena iniziale, è in sostanza una continua marcia nei boschi. I personaggi, mezzi nudi o coperti di pelli, ricordano più degli uomini preistorici che i fondatori della Città Eterna. Se è vero che la zona del Lazio era più arretrata rispetto alle città degli Etruschi o a quelle della Magna Grecia, per non parlare delle grandi civiltà dell’Egitto e dell’Oriente, non è verosimile che gli antichi Latini fossero così primitivi, praticamente più bestie che uomini.
Il finale è quello noto: Romolo uccide Remo, colpevole di aver varcato il limite della zona sacra che lui stava tracciando. La futura Roma è per il momento un solco circolare sul terreno, il cui interno è dichiarato inviolabile. Titoli di coda.
Ovviamente non ci si aspettava un kolossal hollywoodiano, che anzi forse avrebbe messo in scena la solita leggenda a discapito della realtà storica. E forse gran parte degli sforzi produttivi, ed economici, si sono concentrati sulla ricostruzione della lingua. Ma dal cinema italiano, che non solo negli anni gloriosi di Cinecittà ma anche in tempi recenti ha dimostrato le sue notevoli capacità, era giusto pretendere di più.