IL MUSEO LOMBROSO

Il Museo di Antropologia Criminale “Cesare Lombroso” è stato inaugurato nel 2009, a cento anni dalla morte dello scienziato, ed è l’ultima incarnazione di quello voluto da lui stesso. Sito al primo piano di uno dei palazzi dell’Università di Torino dove hanno sede le facoltà scientifiche, si sviluppa su ben nove sale.

All’ingresso alcune teche espongono gli strumenti di misurazione utilizzati all’epoca – la seconda metà dell’Ottocento – da medici, studiosi e antropologi per ricavare i dati fisici delle persone e classificare gli esseri umani sulla base del loro aspetto.
Si vedono un craniografo, una macchina elettromagnetica e una “penna elettrica”, usata per rilievi grafologici.

Dopo l’ingresso si apre una grande sala che raccoglie una selezione della collezione di crani, calchi di volti e corpi da reato. Ma il pezzo forte è senza dubbio lo scheletro dello stesso Lombroso, da lui lasciato al Museo per testamento.

La collezione messa insieme da Lombroso nel corso della sua vita comprende:
684 crani ; 183 cervelli umani ; 502 corpi di reato ; 98 manufatti carcerari ; 437 disegni di alienati ; 175 manufatti di alienati ; 63 disegni di criminali ; 68 disegni di tatuaggi ; 70 pagine di ritratti di delinquenti ; e infine più di 1000 fotografie di persone.

Per il moderno Codice di Procedura Penale i corpi del reato sono “le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso, nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo”.
Per Lombroso i corpi del reato sono anche dei preziosi strumenti per conoscere più a fondo la personalità del criminale.
Tra i corpi del reato esposti nel Museo troviamo coltelli, bastoni, seghe, martelli, pistole, pugnali e persino dei crocifissi che celano al loro interno delle lame.

Vi sono poi dei calchi di volti dei delinquenti: ladri, assassini, stupratori, falsari. Questi reperti non furono raccolti direttamente da Lombroso, ma gli furono inviati da un collega.

La collezione di fotografie del Museo è composta da oltre 1.000 immagini, databili dal 1850 al 1930 e provenienti da tutto il mondo.
Dalla Spagna vengono gli anarchici, dall’Egitto, dal Cile e dall’Australia i delinquenti comuni, dai territori dell’Impero Britannico in Asia gli emigranti cinesi. L’Italia è rappresentata dai delinquenti piemontesi e napoletani.

Proseguendo nella visita, una piccola sala introduce al tema del “brigantaggio” (mettiamo la parola tra virgolette perché così erano definiti gli ex-sudditi del Regno delle Due Sicilie che si opposero con le armi al nuovo dominio piemontese).
Fu proprio nel cranio di un “brigante”, Giuseppe Vilella, che nel 1870 Lombroso scoprì la famosa fossetta occipitale mediana, da lui ritenuta prova sicura della predisposizione criminale in quanto carattere fisico primitivo riemerso da un remoto passato.
Attraverso lo studio dei crani di animali, alcuni dei quali sono esposti, Lombroso ritrovò questa fossetta in mammiferi evolutivamente lontani dall’uomo, mentre non era presente nei nostri parenti più prossimi, le grandi scimmie come scimpanzé, gorilla e oranghi.
Sono anche esposte le ricostruzioni di alcune piante carnivore, considerate anch’esse come portatrici di caratteri primitivi, quasi fossero delle “piante criminali”.

Le sale successive sono dedicate al mondo carcerario e ai manicomi. Per ricostruire la personalità dei pazzi e dei criminali Lombroso raccolse e studiò gli oggetti da loro realizzati durante la detenzione, con lo scopo, anche qui, di dimostrare la presenza negli uni e negli altri dei caratteri primitivi. Quasi tutti questi oggetti rimangono a tutt’oggi anonimi, poiché non è stato possibile risalire all’identità dell’autore o dell’autrice.
Lombroso intravedeva somiglianze tra gli oggetti realizzati dai pazzi e quelli dei criminali. Secondo lui questa era la prova di una connessione tra i due tipi di devianza.
In particolare riteneva che i pazzi e gli alienati fossero il grado intermedio tra il genio e la follia.

Merita anche una menzione la raccolta di TATUAGGI. Già nel 1863, mentre prestava servizio nell’esercito dei Savoia come ufficiale medico, Lombroso notò che i soldati con tatuaggi appartenevano a ceti sociali disagiati, sebbene pochi di loro avessero trascorsi penali.
Dieci anni dopo, nel 1873, riprese l’argomento e rilevò che tra i non criminali la presenza di tatuaggi diminuiva, mentre aumentava tra i delinquenti, sia civili che militari. Sulla base di queste ricerche identificò anche i tatuaggi come un sicuro segno di criminalità.
Essendo poi venuto a conoscenza del fatto che, tra i popoli primitivi ancora esistenti, molti avevano tra le loro usanze la pratica del tatuaggio, sostenne che i criminali regredivano ad uno stadio culturale primitivo, e che volessero manifestare questa loro regressione attraverso i tatuaggi.

Alcune teche espongono ceppi, ferri e catene di ogni tipo, oltre a modelli delle celle utilizzate nelle varie carceri del mondo.
Lombroso si interessò a questa tipologia di reperti nel 1885, quando partecipò al terzo Congresso Penitenziario Nazionale, che si svolgeva a Roma: in quell’occasione visitò una Mostra Carceraria, e alla chiusura dell’esposizione riuscì a farsi assegnare gli oggetti. Lo scopo era ricostruire la storia delle carceri, dalle orrende prigioni medioevali fino all’avvento di quelle moderne, al cui allestimento “scientifico” intendeva partecipare.

L’ultima sala del museo presenta lo studio originale di Lombroso, con il bella vista sulla scrivania il cranio di Giuseppe Vilella.

Verso l’uscita una serie di pannelli spiega, con linguaggio chiaro e preciso, gli errori di Lombroso, le successive conquiste della scienza e dei moderni sistemi di lotta al crimine – dalle impronte digitali all’analisi del DNA – e soprattutto la sconfessione totale della teoria della razza, che Lombroso, benché fosse ebreo, avallò in modo convinto.
Lo stesso viene fatto riguardo il paranormale, al quale Lombroso dopo un iniziale scetticismo finì per credere, e sul ruolo della donna. Lombroso si occupò infatti anche della questione femminile, e le donne furono loro pure oggetto delle sue misurazioni e delle sue statistiche. Egli riconobbe correttamente che era la società dell’epoca a limitare fortemente il ruolo della donna ma al tempo stesso continuò a sostenerne la differenza biologica rispetto all’uomo, differenza che secondo lui si esprimeva in un’inferiorità fisica, intellettuale e morale.

Vuoi saperne di più su Lombroso ? Leggi l’articolo dedicato: CESARE LOMBROSO

Per visitare il museo
Indirizzo : via Pietro Giuria 15, Torino
Sito Web : www.museolombroso.unito.it

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