Tra gli studiosi italiani che in questi anni si sono occupati del ritorno del lupo vale la pena segnalare il lavoro e l’impegno della dottoressa Mia Canestrini.
La dottoressa Canestrini, laureata in Scienze Naturali e specializzata in Conservazione della Biodiversità Animale, ha studiato i lupi italiani per oltre dieci anni, in particolare nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano.
(Una veduta del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano – immagine tratta dal sito Web del Parco http://www.parcoappennino.it/ )
Il suo lavoro è stato finanziato dall’Unione Europea, che da più di vent’anni ha intrapreso azioni volte a garantire una coesistenza pacifica tra l’uomo e i grandi carnivori, inserendoli nelle sue politiche ambientali.
La dottoressa Canestrini ha raccontato la sua esperienza in un libro, pubblicato da Piemme. Non si tratta di un lavoro scientifico – per questo, come in ogni ambito, ci sono le riviste specializzate – ma di un testo divulgativo, una sorta di diario dei suoi anni di impegno a salvaguardia dei lupi.
I nemici peggiori del lupo sono infatti la disinformazione e l’ignoranza. L’antica paura viene continuamente alimentata, e con essa un vero e proprio odio.
Riportiamo al riguardo alcuni brani del testo.
<< Ho sempre pensato che il lupo vada svestito del mito, in ogni modo. Il mito uccide il lupo, la realtà salva il lupo. >>
<< La fiducia dell’opinione pubblica nei confronti del tecnico che si occupa di lupi è la conditio sine qua non per poter garantire la conservazione dei lupi a lungo termine. >>
<< In Italia la fauna selvatica è quella che va sulla polenta alla sagra. >>
<< I lupi sono dei predatori mitologici dei quali tutti hanno paura, e fanno un sacco di danni. O meglio, ne fanno mediamente un decimo di cinghiali, cervi, fagiani, cornacchie e lepri, ma sono così cattivi nell’immaginario collettivo che la stampa amplifica le loro incursioni negli allevamenti un po’ come certa politica amplifica gli sbarchi dei migranti. >>
<< Questo è un po’ il motivo per cui i problemi con i lupi restano sempre gli stessi: se ne occupano una schiera di giovani precari, coordinati da una schiera di impiegati a tempo indeterminato nelle amministrazioni pubbliche. Finiti i soldi, gli impiegati tornano a fare gli impiegati e i precari vanno a fare i precari da un’altra parte […] Che senso ha restare a fare questo lavoro in un Paese che questo lavoro lo ignora totalmente, perché ne ignora il senso, la portata e persino l’oggetto? I parchi arrancano dietro risorse sempre più esigue. >>
<< L’odio verso chi si occupa della conservazione del lupo era palpabile e lo è ancora, nel Parmense. A dire il vero lo è più o meno ovunque, ed è un odio in crescita, come la popolazione dei lupi, cioè in crescita esponenziale. […] Ogni volta che uscivamo per comprare qualcosa o fare la spesa sentivamo discorsi di persone che avevano tentato di avvelenare o uccidere a fucilate i lupi che invece noi volevamo prendere vivi. Ma nessuno ci conosceva in quei posti, perciò, mescolati alla gente comune, potevamo misurare la temperatura del conflitto in corso in quell’area geografica e il termometro sociale segnava sempre il punto di ebollizione. >>
<< In questi anni è capitato un infinito numero di volte di ricevere segnalazioni di caprioli, cervi, cinghiali, mufloni o daini uccisi dai lupi o comunque evidentemente mangiati da. Raramente la segnalazione era fatta per interesse scientifico: la maggior parte delle volte arrivava come una telefonata al centralino della Polizia. Orrore, paura, sdegno, frasi che lasciano presagire la fine dell’umanità sono tipiche manifestazioni di un gap incolmabile tra gli uomini del mondo moderno e la realtà delle cose nella sua manifestazione più pura e semplice, gli eventi naturali. Ogni carcassa trovata nelle vicinanze di una casa è descritta come proveniente direttamente dall’inferno. >>
FONTI:
Mia Canestrini, La ragazza dei lupi. La mia vita selvaggia tra i lupi italiani, Piemme 2019