IL GATTO NERO: ORIGINI DI UNA SUPERSTIZIONE

Il Medioevo

 

Il gatto oggi è presente in molte case, amato e rispettato. Ma non è sempre stato così. In passato gli capitò di essere malvisto, odiato, deliberatamente ucciso. A subire questo trattamento furono soprattutto i gatti neri, a causa di una superstizione che in parte perdura tuttora.

 

Nell’antichità il gatto, qualsiasi fosse il suo colore, era tenuto in gran conto per la sua abilità nel cacciare i topi, e quindi di proteggere i granai e i magazzini delle provviste. È nota la venerazione che gli si tributava nell’antico Egitto, mentre in Grecia e a Roma gli si preferiva il cane.

 

Le cose cominciarono a cambiare nel Medioevo. La Chiesa, ormai trionfante sulle vecchie credenze pagane, ne fa un simbolo del Male.

Il gatto nero, in particolare, fu considerato addirittura personificazione del Diavolo. E non da qualche contadino analfabeta, ma da un Papa.

 

Si tratta di Gregorio IX, che fu Pontefice dal 1170 al 1241. La sua bolla Vox in Rama, emessa nel 1233, è il primo testo ecclesiastico in cui si faccia menzione di cerimonie in onore del Diavolo. Era indirizzata alle autorità religiose della Germania (all’epoca ancora terra cattolica), dove pareva essersi diffusa questa pericolosa eresia.

Tra le altre cose si afferma che Satana, l’angelo che sfidò Dio e fu per questo cacciato dal Paradiso trasformandosi nel Diavolo, presiederebbe i malvagi riti in cui viene adorato sotto le sembianze di un gatto nero.

Il testo si conclude invitando i buoni cristiani timorati di Dio a combattere gli eretici.

 

I gatti neri non vengono menzionati ulteriormente, perlomeno in queste righe. Oggi però molti credono che questo intervento papale abbia originato la paura dei gatti neri, e lo ripetono in articoli e libri, per non parlare di Internet.

Ci furono, è vero, superstizioni popolari e credenze assurde, che coinvolsero tutti i gatti, non solo quelli neri. E spesso a causa di questo i poveri mici vennero torturati e uccisi.

 

Due secoli dopo, in pieno Quattrocento, un altro Pontefice – Innocenzo VIII (1432-1492), con la bolla Summis desiderantes affectibus (1484) – intervenne su una questione allora ritenuta della massima importanza: la caccia alle streghe.

Tra le varie credenze su di loro vi era quella secondo la quale durante la notte, esse si trasformassero in gatti neri e si introducessero nelle stalle per succhiare il sangue al bestiame, indebolendolo e facendolo morire.

 

La bolla ebbe una grande diffusione, per due motivi.

Fu uno dei primi documenti ecclesiastici a venire stampato: l’invenzione della stampa ad opera di Gutenberg è infatti proprio di quegli anni.

Era indirizzata a due ecclesiastici tedeschi, Heinrich Kramer e Jacob Spenger. I loro nomi oggi potrebbero non dir nulla, eppure sono molto famosi. Sono infatti gli autori del più grande bestseller dell’epoca: il Malleus Maleficarum (“Martello delle streghe”), ovvero il testo fondamentale per i religiosi impegnati a combattere la stregoneria. Kramer e Spenger inserirono la bolla papale come prefazione al testo, contribuendo a farla conoscere.

 

Ma anche stavolta non venne emanata alcuna autorizzazione ufficiale, né religiosa né civile, a compiere massacri indiscriminati di gatti.

 

Va detto che, nell’uno come nell’altro caso, queste superstizioni presero piede soprattutto nelle città. Al contrario nelle campagne, dove i contadini si spaccavano la schiena per coltivare i campi, era ancora ben sentita la necessità di proteggere il raccolto dai topi. Tutti i gatti quindi poterono continuare a vivere relativamente tranquilli.

 

In Inghilterra invece i gatti neri divennero col tempo simboli di buona fortuna. Poiché si credeva che fossero compagni delle streghe, sopravvivere dopo averne visto uno era ritenuto di buon auspicio. E dato che, com’è ovvio, questo avveniva sempre, ben presto la loro fama sinistra si tramutò nel suo contrario.

 

L’unico massacro di gatti storicamente accertato non avvenne nel Medioevo o durante la caccia alle streghe – che, ricordiamolo, è successiva – ma in pieno Settecento, e proprio nella città che sarebbe divenuta la culla dell’Illuminismo: Parigi. Le ragioni sono però ancora da chiarire.

 

 

L’Ottocento

 

Il gatto nero conobbe un nuovo momento di fama, che alla lunga però si rivelerà tutt’altro che positiva, nel corso dell’Ottocento.

 

Nel 1843 lo scrittore americano Edgar Allan Poe, famoso per le sue storie gotiche e orrorifiche, pubblicò un racconto dal titolo Il gatto nero. Il micio diviene qui il nemico principale del protagonista, un uomo come tanti che cade progressivamente in una spirale di odio e violenza, e alla fine non sarà estraneo alla sua rovina.

 

Nel 1865 il pittore francese Edouard Manet presentò al pubblico il suo dipinto Olympia, che raffigura una celebre mantenuta – oggi diremmo escort – sdraiata nuda su un letto e servita da una cameriera nera. Ai piedi della bella c’è un gatto nero, simbolo di lussuria.

La scelta del gatto non è casuale. Nei dipinti classici a cui Manet si ispira infatti è spesso presente un cane, simbolo di fedeltà. Il gatto, al contrario, esalterebbe l’amore mercenario, il commercio del corpo fatto dalla sua padrona.

Il dipinto fu considerato da subito scandaloso e immorale, e sconvolse i benpensanti.

 

 

 

(Édouard Manet, Olympia, 1865  – Parigi, Museo d’Orsay – © Wikimedia Commons)

 

 

Nel 1881, sempre a Parigi (all’epoca capitale dell’arte e della letteratura), venne fondato un locale di spettacoli e cabaret chiamato Le Chat Noir. L’insegna raffigurava un gatto nero.

Il locale divenne presto ritrovo di tutti coloro – poeti, artisti, scrittori – che intendevano sfidare la morale ufficiale, al punto che – si dice – il portiere all’ingresso aveva ordine di non far entrare i militari e gli uomini di Chiesa.

 

 

(una locandina del locale, disegnata dal pittore Théophile-Alexandre Steinlen)

 

Oggi il locale esiste ancora, ma dopo frequenti cambi di indirizzo, di stile e di pubblico non è rimasto nulla dell’atmosfera di un tempo.

 

 

Il gatto nero oggi

 

La superstizione permane ancora nel 1954, in una canzone di Domenico Modugno, Musciu niuru (“Il gatto nero”), cantata in dialetto pugliese: Modugno era infatti nato in provincia di Brindisi. Nel testo il gatto racconta a Modugno come sia difficile la sua vita, in quanto considerato portatore di sfortuna.

 

 

 

Più recentemente il gatto nero è stato invece riabilitato.

Citiamo come esempio una famosissima canzone dello Zecchino d’Oro, Volevo un gatto nero, cantata nell’edizione del 1969. Non vinse, ma ebbe comunque un successo mondiale. Il testo racconta di una bambina che desidera avere proprio un gatto nero, del tutto incurante delle superstizioni degli adulti.

 

 

 

Nel mondo moderno la superstizione nei confronti dei gatti neri è ancora viva, anche se per fortuna questo non si traduce in violenze arbitrarie nei loro confronti.

Sembra però esserci un’eccezione importante: gli Stati Uniti durante la festa di Halloween.

Pare che in quei giorni, negli USA, i gatti neri vengano spesso torturati e uccisi. Non da chiunque, per loro fortuna, ma “solo” da persone mentalmente disturbate. Nello Stato della Virginia è poi in vigore una legge che impone di effettuare una perizia psichiatrica preliminare a chi chieda di adottare un gatto nero.

 

Quanto al resto del mondo, si dice spesso che i gatti neri vengano uccisi durante i rituali satanici, compiuti in luoghi di culto sconsacrati dagli adepti di qualche gruppo che inneggia al Diavolo. Quello delle cosiddette “messe nere” è un tema di cui si parla poco, a parte qualche eclatante caso di cronaca, ed è difficile valutare l’esatta ampiezza del fenomeno.

 

La superstizione è dunque ancora viva.

 

Per confutare queste credenze ormai prive di fondamento è stata promossa, in Italia, la Giornata Nazionale del Gatto Nero, che cade il 17 Novembre. Fu istituita dall’Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente (AIDAA).

Questa ricorrenza va ad aggiungersi alla Giornata Mondiale del Gatto, che si celebra l’8 Agosto.

 

 

FONTI:

Roberto Allegri, 1001 cose da sapere e da fare con il tuo gatto, Newton Compton 2011

Enrico Ercole, “Celebriamo il gatto nero”, su rivista Gatto Magazine di Novembre 2019 , pp. 16 – 20

Desmond Morris, Il gatto. Tutti i perché, Mondadori, ediz. 2017

https://www.misterdann.com/earlyargreatcatmassacre.htm

https://www.vanityfair.it/news/mondo/2011/10/29/stati-uniti-gran-bretagna-halloween-gatti-neri-peta

 

I testi delle bolle papali sono di pubblico dominio e possono essere consultati da chiunque. Ovviamente sono in latino, ma sul Web si trovano facilmente traduzioni nelle lingue moderne.

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