Dove : in tutto il Mediterraneo
Quando : dal 323 avanti Cristo al 166 avanti Cristo
Perché : perché la Bibbia NON ha ragione
Di cosa parleremo : di come gli Ebrei iniziarono a disperdersi per il mondo. Per scelta.
Oltre duecento anni di dominio assoluto sull’intero Medio Oriente, dalla Turchia al Pakistan, dall’Egitto al Mar Caspio. Città meravigliose come Persepoli, Susa ed Ecbatana. Il primo grande sistema stradale mai creato. Milioni di sudditi sottoposti all’autorità del Gran Re.
Eppure bastarono pochi anni per far crollare di schianto l’enorme impero persiano. Era in decadenza già da tempo, ma ci volle un uomo straordinario per infliggergli il colpo mortale. Un re guerriero che lasciò un’impronta indelebile nella Storia, come solo pochi altri personaggi seppero e sapranno fare.
Alessandro Magno.
Gli Ebrei, chiusi nella loro piccola regione periferica, non furono toccati da questi sconvolgimenti. Le armate del condottiero macedone seguirono altri itinerari, e non si interessarono a loro.
Per i Persiani, la terra degli Ebrei era stata una semplice provincia, a cui avevano dato il nome di Yehud. I Greci la chiamarono Ioudaia, Giudea. Da ora anche noi possiamo chiamarla così.
Alessandro morì nel 323 avanti Cristo, e il suo impero scomparve con lui. A disputarsene le spoglie scesero in campo i suoi generali, e poi i figli di questi. Dopo decenni di lunghe lotte si ebbe infine un nuovo equilibrio: nacquero grandi regni popolati da genti orientali ma retti da dinastie greche e macedoni.
La Giudea si trovò in mezzo alle dispute territoriali dei due regni più importanti: quello dei Tolomei d’Egitto e quello dei Seleucidi di Siria. Finì sotto il controllo dell’Egitto e divenne una sua provincia; dagli Achemenidi, persiani, ai Tolomei, greco-macedoni: per gli Ebrei non cambiò niente.
Molto più importante fu il contatto con la cultura greca. Le conquiste di Alessandro avevano ampliato i confini del mondo ellenico, diffondendola per ogni dove, fino alla lontana India. E nemmeno gli Ebrei rimasero indifferenti al nuovo modo di vivere, tanto più che molti di essi avevano lasciato la propria patria e si erano stabiliti nelle città fondate dai Greci, in particolare nella grande Alessandria d’Egitto, da cui poi si diffusero in tutto il Mediterraneo, fino in Spagna.
È la famosa DIASPORA, parola greca che significa “dispersione”.
Questo è un punto fondamentale. Nessuno dei nuovi re, né durante le lotte per l’impero di Alessandro né dopo, obbligò mai gli Ebrei ad abbandonare la loro terra. Non vi furono deportazioni di massa, come avvenne al tempo degli Assiri e dei Babilonesi. E siamo ancora molto lontani dalla distruzione, operata dai Romani, di Gerusalemme e del Secondo Tempio (così si definisce il nuovo edificio sacro, ricostruito grazie a Ciro il Grande re di Persia, per distinguerlo dal precedente, distrutto da Nabucodonosor II di Babilonia): ma anche in quel caso, come vedremo, gli Ebrei lasciarono spontaneamente la patria ormai in crisi.
La più importante comunità ebraica al di fuori della terra d’origine fu quella di Alessandria d’Egitto. Nella capitale del regno dei Tolomei gli Ebrei conservarono le proprie tradizioni, ma, con il passare del tempo, persero una cosa importante: la loro lingua.
Nel giro di alcune generazioni nessuno fu più in grado di leggere l’ebraico. Questo poneva ovviamente dei gravi problemi quando ci si doveva confrontare con la Torah. Era necessario approntare una traduzione in greco.
Nacque così il testo noto come Bibbia dei Settanta. Questo nome deriva da una leggenda sulla sua creazione. Il re Tolomeo II, sul trono all’inizio del Terzo Secolo avanti Cristo, avrebbe richiesto a Gerusalemme – all’epoca effettivamente sotto il dominio dei Tolomei – settantadue saggi, 6 per ciascuna delle 12 tribù di Israele, espertissimi delle cose sacre e che al contempo sapessero il greco, per tradurre i testi degli Ebrei. I settantadue, giunti ad Alessandria, sarebbero stati alloggiati sull’isola di Faro (dove sorgeva la famosa costruzione, la prima del genere, che divenne una delle Sette Meraviglie) e avrebbero lavorato separatamente l’uno dall’altro. Quando poi furono confrontate fra loro le versioni si scoprì che erano tutte perfettamente identiche, certo per ispirazione divina.
Questa, come detto, è solo una leggenda. Nella realtà la Bibbia dei Settanta fu creata all’interno della comunità di Alessandria, per il proprio uso corrente. Ma non è soltanto una traduzione letterale della Torah dall’ebraico al greco. Infatti presenta anche un testo diverso e un diverso canone di testi, con tra l’altro l’aggiunta di alcuni libri nuovi, scritti direttamente in greco. Inoltre introdusse un nuovo lessico teologico, che sarebbe poi passato quasi integralmente nel Cristianesimo.
In ogni caso, ad Alessandria come in tutte le città della diaspora, gli Ebrei ebbero frequenti attriti con le popolazioni locali, a causa del loro rifiuto di integrarsi e di abbandonare le proprie pratiche di vita e di culto: in un mondo aperto, interconnesso, nel quale le differenze regionali ormai non contavano più, essi rimasero tenacemente fedeli alla loro tradizione.
Tutto l’opposto si verificò proprio in Giudea. Qui si ebbero i primi cedimenti già sotto il dominio egiziano/tolemaico, ma la situazione cambiò del tutto quando, intorno al 200 avanti Cristo, gli Ebrei passarono sotto il controllo siriano/seleucidico. I sostenitori della cultura greca aumentarono di numero, favoriti ovviamente dal potere centrale.
Ancora una volta si sta per aprire una nuova fase della religione e della storia ebraica. Ben presto gli Ebrei dovranno fare i conti con la prima superpotenza dell’antichità: Roma.
FONTI :
Paolo Sacchi, Storia del mondo giudaico, SEI 1976
Michael L. Satlow, E il Signore parlò a Mosè. Come la Bibbia divenne sacra, Bollati Boringhieri 2015