TRAMA
“Gli stendardi del re dell’inferno avanzano verso di noi” dice Virgilio a Dante “Guarda avanti, e forse lo scorgerai.”
Il vento si fa sempre più forte. Dante si stringe a Virgilio. In quella landa gelata non c’è altro riparo per lui che il corpo del maestro.
I due poeti avanzano nella nebbia. Sotto i loro piedi le anime sono ormai completamente ricoperte dal ghiaccio, e appaiono come in trasparenza, eternamente bloccate in posizione grottesca.
Infine, Virgilio si scosta, e mostra a Dante la creatura che fu un tempo bellissima.
“Ora devi avere l’animo ben saldo. Eccolo, è di fronte a te. Lucifero!”
Dante rimane esterefatto. Il signore di quel luogo di tenebre è un gigante immenso, tanto grande che i giganti incontrati nel pozzo sono lunghi appena come un suo braccio.
Emerge dal ghiaccio con la parte superiore del corpo, ed è tanto brutto quanto un tempo era bello.
La sua testa è composta non da uno, ma da tre volti. Quello centrale è rosso acceso, quello di sinistra giallastro, quello di destra nero.
Dalle spalle si inarcano tre paia di ali, rigide e squamose come quelle dei pipistrelli. Quando le sbatte crea il vento che mantiene ghiacciato il Cocito.
Piange da tutti e sei gli occhi, e sui tre menti le lacrime si mescolano a una bava sanguinolenta.
(LUCIFERO – illustrazione di Jean Edouard Dargent per La Divine Comédie, traduction de Artaud De Montor, Libraire Garnier, Paris 1870)
Nelle tre bocche ha infatti tre peccatori, che mastica straziandoli coi denti.
Virgilio spiega:
“Nella bocca centrale si trova Giuda Iscariota, e nelle altre due Bruto e Cassio.”
Poi esorta Dante.
“Sta calando la notte. È ora di partire. Qui abbiamo visto tutto quel che c’era da vedere.”
Dante abbraccia il maestro, stringendosi a lui.
Virgilio, colto il momento propizio, si abbarbica al corpo di Lucifero e inizia a scendere.
Arrivato all’altezza della coscia si gira su se stesso, non senza fatica, e riprende il percorso, aggrappandosi ai peli.
Infine, giunto a un’apertura della roccia, posa di nuovo i piedi sul suolo solido.
Dante guarda in su, credendo di vedere Lucifero nella stessa posizione di prima. Ma ora i suoi piedi sono in alto e la testa in basso.
“Alzati, ora, dobbiamo muoverci.” gli dice il maestro “La strada è lunga, e il cammino difficile. E il sole si già levato da un pezzo.”
Il poeta si rende conto di trovarsi in una grotta naturale, dal fondo sconnesso e quasi del tutto buia.
“Prima che io esca dall’abisso, maestro, dimmi: dov’è il ghiaccio? Perché vedo Lucifero al contrario? E com’è possibile che la notte sia trascorsa così velocemente?”
“Tu pensi di essere ancora sul fondo dell’inferno. Ma in realtà ne sei ben lontano, tanto quanto io sono sceso lungo il corpo di Lucifero.
Adesso ti trovi nell’altro emisfero, contrapposto a quello dove si trova la terra emersa, sulla quale Cristo visse la sua Passione.
Qui è mattina quando di là è sera. E Lucifero è ancora nella stessa posizione in cui l’hai visto.
Quando cadde giù dal cielo precipitò qui, e la terra si aprì per evitare di toccarlo. Fu forse per paura che lasciò lo spazio vuoto di questa grotta.”
I due pellegrini si infilano in un passaggio, lontano da Lucifero tanto quanto è grande la grotta. Non lo vedono, ma sentono il rumore dell’acqua di un ruscello che ha scavato la roccia.
Camminano per molte ore lungo quel sentiero nascosto, senza mai riposare.
Infine, da un pertugio rotondo che si apre nella roccia, tornano nel mondo esterno.
(E INFINE USCIMMO A RIVEDER LE STELLE – disegno di Bartolomeo Pinelli, 1825)
COMMENTO
L’ultimo Canto dell’Inferno è dedicato all’incontro con Lucifero, signore delle tenebre.
Un tempo era il più bello fra gli angeli di Dio, ma peccò di superbia.
Alcuni dicono che volesse sostituirsi a Dio, altri che rifiutò di adorare l’essere umano che Dio aveva creato.
Si ribellò a Dio, e trascinò con sé nella ribellione molti altri angeli.
Tutti furono scacciati dal Paradiso, per opera dell’Arcangelo Michele, generale dell’esercito di Dio. Il nome stesso di Michele significa, in ebraico, “Chi può essere come Dio?”: la sua funzione è quella di punire colui che ha osato sfidare il Creatore.
Lucifero – chiamato anche Belzebù o Satana – è raffigurato come una malvagia Trinità: ha infatti tre volti e tre bocche. Ha ali di pipistrello, ma non può volare: può solo sbatterle incessantemente, generando il vento che mantiene il Cocito ghiacciato.
Nella bocca centrale viene masticato Giuda Iscariota, l’apostolo che tradì Gesù. Da lui prende il nome la quarta zona del Cocito, dove ci troviamo ora: la GIUDECCA.
Nelle due laterali vengono dilaniati Bruto e Cassio, gli assassini di Giulio Cesare.
Per uscire dall’inferno, e tornare “a riveder le stelle”, non c’è che un modo: arrampicarsi sul corpo di Lucifero stesso.
Prima scendendo dal petto alle cosce, e poi – girati al contrario – salendo dalle cosce alla punta dei piedi.
Così facendo ci si ritrova nell’emisfero opposto, agli antipodi.
La geografia del mondo di Dante acquisisce altri particolari (ricordate? Ne abbiamo parlato qui: https://stefanotartaglino.it/dante-senza-paura-la-commedia ).
L’inferno, e l’Inferno, sono ormai alle spalle. Sta per iniziare una nuova avventura.
FONTI:
Commedia vol. 1. Inferno, a cura di Natalino Sapegno, La Nuova Italia Editrice 1968
Inferno, Mondadori 2018, commento di Franco Nembrini, illustrazioni di Gabriele Dell’Otto
La Divina Commedia, a cura di Siro A. Chimenz, UTET 2003
Enrico Malato (a cura di), Dizionario della Divina Commedia, Salerno Editrice 2018 (edizione speciale per il Corriere della Sera, 2 volumi, 2021)
Marco Santagata, Guida all’ Inferno, Mondadori 2013