La carriera politica
Dante viene condannato all’esilio da Firenze nel 1301. Il provvedimento non arriva a ciel sereno. Nasce infatti dalla sua carriera politica.
Fino circa al 1295 Dante si è dedicato quasi esclusivamente agli studi, ad eccezione come abbiamo visto della sua partecipazione alla battaglia di Campaldino (https://stefanotartaglino.it/dante-senza-paura-episodio-3-cittadino-di-firenze)
La politica sembrava non interessarlo. Ma dopo la morte di Beatrice (1290) si butta nella mischia, sempre dalla parte della famiglia Cerchi.
I documenti dell’epoca riportano parte dei discorsi che tenne quando fu chiamato a parlare nei vari consigli di governo della città. I primi tra quelli arrivati fino a noi risalgono appunto all’anno 1295, ma è molto probabile che il suo percorso politico fosse iniziato qualche tempo prima.
Gli studiosi hanno notato come la sua carriera politica coincida con una sempre maggiore affermazione della famiglia Cerchi. Viene così a cadere un altro mito spesso ripetuto, quello di un Dante al di sopra delle parti. Era stato senz’altro così per il suo maestro Brunetto Latini, intellettuale rispettato da tutte le fazioni, ma non per lui. Dante ha fatto una scelta di campo precisa, e non lo nasconde.
Per poter accedere alle cariche pubbliche Dante deve però compiere un passaggio burocratico: l’iscrizione ad un’Arte.
Le Arti, nella Firenze dell’epoca, erano qualcosa di simile alle odierne associazioni di categoria. Tutti coloro che svolgevano un determinato mestiere si associavano in una corporazione, così da avere più voce in capitolo per far valere le proprie richieste e un peso maggiore nel governo della città.
Per fortuna di Dante proprio negli ultimi anni del Duecento la legge viene modificata: permane l’obbligo dell’iscrizione, ma non quello di esercitare effettivamente un mestiere.
Dante si iscrive all’Arte dei Medici e degli Speziali. Non dovendo comunque lavorare sul serio può procedere con la sua partecipazione politica, fino a raggiungere la posizione più alta.
Nell’estate del 1300, a 35 anni appena compiuti, viene eletto nel collegio dei Priori.
Sembra fatta. È entrato a far parte del ristretto gruppo dirigente. Davanti a sé vede solo un avvenire di successo. Ma non sarà così.
Bianchi contro Neri
La lotta tra i Cerchi e i Donati è salita di livello. I Cerchi avevano l’appoggio del popolo, i Donati quello dei magnati (mercanti e banchieri). Ed erano nati i due partiti dei Guelfi Bianchi (Cerchi) e dei Guelfi Neri (Donati).
Negli anni in cui sono al potere i Cerchi emanano leggi che escludono i magnati dal governo. Nei due mesi in cui è Priore Dante deve comminare alcune condanne all’esilio, che colpiscono alcuni dei magnati più in vista.
Tra loro c’è Guido Cavalcanti, il suo migliore amico.
Esiliato in Liguria, contrarrà la malaria, e riesce a tornare a Firenze solo per morirvi.
Ma il peggio deve ancora arrivare.
I Guelfi Neri, capeggiati da Corso Donati, hanno infatti ottenuto l’appoggio del Papa.
Entra in scena il celebre Bonifacio VIII.
Papa Bonifacio VIII
Bonifacio è diventato Papa dopo le dimissioni del suo predecessore Celestino V.
Questi è l’unico Papa dimissionario della Storia, fino al recente caso di Benedetto XVI: Dante lo collocherà nell’Inferno, tra gli ignavi, coloro che per non aver mai scelto apertamente né il Bene né il Male sono condannati a rimanere in eterno sulla riva dell’Acheronte, sospesi tra il Cielo e l’Inferno: colui che per viltà fece il gran rifiuto dice di lui, sempre ammesso che la tradizionale identificazione sia corretta, dato che non viene chiamato per nome.
Bonifacio VIII è stato definito “l’ultimo Papa medioevale”.
In effetti il suo intento era quello di restituire alla Chiesa il ruolo di guida suprema e arbitro di tutta la Cristianità che aveva svolto per secoli. Ma purtroppo per lui una nuova potenza si stava affacciando sulla scena europea. Uno Stato giovane, vigoroso e per nulla disposto a farsi comandare dal Papa.
La Francia.
Bene informato sulla situazione di Firenze, Bonifacio VIII aveva deciso di appoggiare i Guelfi Neri. Il motivo ufficiale era finanziario: i banchieri dei cui servigi si avvaleva, la famiglia Spini, erano dalla parte dei Donati. Le sue mire andavano però ben oltre. Voleva infatti assumere il controllo di tutta la Toscana, fino a farne una provincia dello Stato Pontificio.
Arnolfo di Cambio, Statua di Bonifacio VIII, 1298 circa – Firenze, Museo dell’Opera del Duomo
Grazie al suo sostegno nel 1301 i Guelfi Neri strapparono il potere ai Bianchi.
Questi ultimi, nel tentativo di riconciliarsi, inviarono a Roma un’ambasceria composta da tre membri, uno dei quali era Dante.
Dante era già stato a Roma l’anno prima, nel 1300, in occasione del primo Giubileo. Questa ricorrenza era stata ideata proprio da Bonifacio VIII.
Si aggiunge dunque un altro elemento a sottolineare come per Dante l’anno 1300 sia di capitale importanza. Non è dunque un caso che sia proprio questo l’anno in cui deciderà di ambientare il viaggio ultraterreno della Commedia.
L’ambasciata non ottenne alcun successo. Gli altri due inviati tornarono a Firenze, ma Dante venne trattenuto con dei pretesti.
L’accusa e la condanna
A Firenze il nuovo regime dei Neri lo accusò, insieme ad altri, di baratteria, vale a dire corruzione.
Oggi potremmo pensare che si sia trattato di un’accusa con chiara matrice politica, e quindi priva di qualsiasi fondamento reale.
Ma è davvero così?
Che Dante si sia fatto corrompere, e che abbia tratto vantaggi personali e privati intascandosi delle “bustarelle”, è sicuramente falso.
Ma che invece, nei due mesi in cui fu Priore, abbia fatto gli interessi del suo partito, favorendo le manovre di coloro che stavano con i Cerchi, è altamente probabile.
Come abbiamo detto sopra infatti Dante non è uomo super partes, ma al contrario apertamente schierato. E che abbia cercato di portare acqua al mulino dei Cerchi è del tutto normale.
Infine gli giunse la notizia che era stato condannato all’esilio.
Se si fosse ripresentato a Firenze sarebbe finito dritto sul rogo.
Cominciava così la seconda parte della sua vita.
Annibale Gatti, Dante in esilio, 1854 – Firenze, Palazzo Pitti, Galleria d’Arte Moderna
Dante è ritratto, in compagnia del figlio, nella pineta di Classe, citata nel Purgatorio e luogo a lui caro.
FONTI:
Alessandro Barbero, Dante, Laterza 2020
Alessandro Barbero, “Dante a Tangentopoli”, su La Stampa del 04 Agosto 2019
Tommaso Di Salvo, Dante nella critica. Antologia di passi su Dante e il suo tempo, La Nuova Italia 1965
Marco Santagata, Dante. Il romanzo della sua vita, Mondadori 2012