Fino a qualche decennio fa la religione sembrava destinata a scomparire progressivamente dall’orizzonte quotidiano. Certo, il Papa e la Chiesa di Roma influenzavano la politica italiana e internazionale, come avevano fatto per secoli e come continuano a fare. Ma le pratiche, i riti, le convinzioni, le credenze apparivano ormai vecchie, ripetitive, prive di significato. Iniziava l’attuale crisi delle vocazioni: non ci sono più abbastanza preti, e quelli rimasti devono occuparsi contemporaneamente di più parrocchie. La religione sembrava una faccenda per pie vecchine che andavano a messa la domenica. Una volta scomparsa quella generazione, si pensava, nessuno si sarebbe più curato di Dio, e l’umanità avrebbe proseguito la sua marcia trionfale verso il progresso.
Poi è arrivato l’11 Settembre 2001. Il mondo ha scoperto il terrorismo islamico. All’improvviso, società che si stavano dimenticando di Dio si sono trovate a confrontarsi con chi per Dio era disposto a morire. Per l’Occidente l’Islam era, e in buona parte è ancora oggi, una religione strana, diversa, quasi aliena, come se chi la professa venga da Marte e non dall’altra sponda del Mediterraneo.
Per capire l’Islam, la religione degli “altri”, dobbiamo prima riflettere sul Cristianesimo, la religione “nostra”. Ma prima ancora dobbiamo chiederci: perché esiste la religione? A che cosa serve? Ne possiamo fare a meno?
Fin dagli inizi della Storia propriamente detta – ovvero da quando, grazie all’agricoltura e all’allevamento, sono state fondate le prime civiltà – gli uomini si sono sempre chiesti chi e cosa abbia creato innanzitutto gli uomini stessi, e poi il mondo, e perché il mondo è così com’è. Ogni popolo del pianeta Terra, dagli Eschimesi al Polo Nord fino ai Maori della Nuova Zelanda, dagli Indiani d’America fino alle tribù della Siberia, ha cercato una risposta a queste domande.
E dato che a quei tempi la scienza come la intendiamo oggi non esisteva ancora, le risposte sono state trovate nel MITO.
Ma che cos’è e come nasce un mito? Ricordiamo innanzitutto che per secoli e millenni, prima dell’invenzione della scrittura, tutto il sapere accumulato dagli esseri umani veniva trasmesso alle generazioni future solo oralmente. Con un’immagine forse un po’ romantica ma efficace possiamo figurarci gruppi di persone che, riunite la sera intorno al fuoco o riparate in casa durante i lunghi inverni, si raccontavano delle storie. E queste non erano solo favole per mandare a letto i bambini, ma il primo tentativo “scientifico” di mettere in ordine il mondo, di capirne il funzionamento, di scoprirne i segreti. Il MITO è il primo metodo di classificazione, il primo archivio, la prima biblioteca, il primo computer della Storia. Contiene tutto il sapere dei nostri lontani progenitori, e proprio come un archivio o un computer poteva essere consultato quando si doveva cercare la spiegazione di un certo fatto o avvenimento (per esempio il cambio delle stagioni, la rinascita delle piante dopo l’inverno, la morte, la pioggia e così via). E proprio come un archivio veniva ampliato progressivamente, a mano a mano che la comprensione dell’uomo diveniva più vasta e raffinata.
Quello della creazione del mondo – della genesi, per usare la parola greca che significa appunto “nascita, creazione” – è il mito più affascinante di tutti: ne esistono infinite versioni, una per ogni popolo, comunità, civiltà che abbia mai calcato la superficie della Terra, in tutte le epoche. E pur nella diversità delle singole tradizioni, si possono trovare parecchi tratti comuni a tutte.
Il primo è: cosa c’era prima del mondo ? Dato che il mondo così come lo vediamo rispetta certe regole – l’alternanza del giorno e della notte, la terra divisa dal mare e dal cielo – si è pensato che prima non fosse così, e che anzi ci fosse un caos, un disordine primordiale. E che a un certo punto qualcuno o qualcosa abbia messo a posto, sistemato, dato una bella spazzata, così da non trovare più i vestiti nel frigo e la pastasciutta nella lavatrice.
Il secondo è: popolare il mondo. Ora che è in ordine, il mondo è però vuoto, una piatta distesa priva di qualsiasi forma di vita, deserta e silenziosa. Chi ha messo in ordine il mondo decide che deve essere riempito, e crea le piante e gli animali.
Il terzo è: creare un essere che possa apprezzare l’ordine del mondo, possa nutrirsi delle piante e degli animali e soprattutto possa tributare a chi ha creato il mondo gli onori dovuti.
E arriviamo ad un punto importantissimo: la nascita di Dio.
Proprio come nel caso del mito della creazione, in ogni epoca e in ogni tempo tutti gli esseri umani hanno avvertito un’esigenza, un bisogno comune a tutti e uguale per tutti: la necessità di CREDERE all’esistenza di qualcuno o di qualcosa superiore a loro stessi; qualcuno che si mostrava non direttamente, di fronte e davanti a loro, ma solo attraverso quello che faceva succedere (il fulmine che incendia un albero e produce il fuoco, la pioggia, la morte). Tutte le cose che l’uomo non riusciva a spiegare con la propria mente e i propri sensi – cioè, all’epoca, quasi tutto – venivano spiegate con l’intervento di un’entità che doveva essere necessariamente superiore all’uomo stesso: più grande, più forte, più intelligente, più sapiente.
Nasce così la religione. Ed è, come abbiamo detto, un bisogno comune a tutti gli uomini: infatti non esiste né è mai esistito sulla Terra un popolo privo di un qualsiasi sentimento religioso. Si può credere in un solo Dio o in tanti Dei, si può credere agli spiriti degli antenati o a quelli degli animali, ma c’è e c’è sempre stata, dovunque e in ogni epoca, una necessità di credere a qualcuno o qualcosa che superi i limiti fisici dell’essere umano.
Naturalmente l’uomo, per immaginarsi l’aspetto di questa entità, prende a modello principalmente se stesso. E infatti tutte le Divinità che l’uomo ha inventato nel corso dei millenni hanno molto spesso ASPETTO umano: è quindi l’uomo che crea Dio, non Dio che crea l’uomo.
Accanto a quello della creazione vi è poi un altro mito che si ritrova in molte tradizioni: quello della caduta dell’uomo da uno stato di beatitudine primigenia a quello attuale, dove deve lottare quotidianamente per la propria sopravvivenza. E, in tutti i casi, questa caduta deriva da un atto di superbia commesso dall’uomo nei confronti del suo creatore, il rifiuto di riconoscerne l’autorità e di rispettarne le regole.
E non è finita qui. C’è ancora un altro mito comune, anche questo ben noto: il Diluvio Universale. Non è nato, come si può pensare, tra gli Ebrei, con la storia di Noè. Esisteva già molto prima, al tempo dei Sumeri. E gli elementi fondamentali c’erano già tutti: l’uomo giusto che viene salvato dal Dio celeste (i Sumeri avevano molti Dei), la costruzione dell’arca, le coppie di animali tratti in salvo, gli uccelli mandati in cerca della terra (colomba e corvo, con l’uccello nero che trova infine dove posarsi: il mito ebraico invertirà i due, assegnando il ruolo alla colomba).
Il mito del Diluvio è presente anche nella mitologia greca. Ed esiste anche in India, dove di nuovo un uomo giusto avvertito dagli Dei costruirà un’arca e dopo la catastrofe sarà il progenitore della nuova stirpe umana.
Ma non è tutto. Il Diluvio Universale è una storia che si ritrova in tantissime altre culture antiche, dall’Africa all’Estremo Oriente e fino in America. E se si può pensare che Medio Oriente, India e Grecia si siano influenzati a vicenda, per via della vicinanza geografica, non è ancora chiaro come la storia possa essersi sviluppata in luoghi tanto lontani, irraggiungibili con i mezzi dell’epoca e sconosciuti gli uni agli altri.
Questa è un’ulteriore dimostrazione del fatto che gli uomini, ovunque si trovino, tendono a creare storie, miti e, infine, religioni molto simili, perché simile è la tensione verso ciò che è oltre-umano e simile è la necessità di spiegare il mondo. Nessuna religione quindi, e di certo non quella cristiana né quella musulmana, può arrogarsi il diritto di essere l’unica accettabile e imporre la propria visione delle cose.
Un commento su “Che cos’è la religione?”
Semplice e chiaro. Aspettiamo il resto