Lo Zimbabwe fu un grande regno situato nell’Africa meridionale, più o meno in corrispondenza dell’omonimo Stato moderno.
Ha una storia lunghissima, durata oltre mille anni, della quale si sa però pochissimo. In compenso sono ancora visibili delle rovine monumentali. La loro complessità architettonica è tale che pochi, in passato come oggi, si aspetterebbero di trovarle in Africa.
Veduta del complesso monumentale del Grande Zimbabwe (foto condivisa dal profilo Twitter Digital Maps of Ancient World)
Il sito più importante è il cosiddetto GRANDE ZIMBABWE. Si tratta di un agglomerato di edifici in pietra, con torri, mura e strade. Fu abitato per un tempo lunghissimo, dal Settimo al Diciassettesimo Secolo.
Le mura, spesse sette metri e alte fino a dieci, circondano un’area di forma ovale, con un perimetro di due chilometri e mezzo di circonferenza. I blocchi sono disposti a secco, semplicemente appoggiati gli uni sugli altri, senza alcun utilizzo di malta.
Alcune porte permettono di accedere all’interno del recinto. La disposizione interna è abbastanza complicata, con strade a zigzag, muri e recinti interni. In un angolo si ergono due torri di forma conica. La più grande è alta dieci metri.
Le torri angolari del complesso di Grande Zimbabwe (foto condivise dal profilo Twitter Digital Maps of Ancient World)
La funzione di questo complesso non è ancora chiara. È stato proposto che si tratti di un tempio, più che di un palazzo. Questo infatti si trova a poche centinaia di metri, in cima a una collina. Costruito nello stesso modo, sfrutta la pendenza del terreno, e si configura come una vera e propria acropoli.
Altri siti dello stesso tipo, più piccoli, si trovano in località vicine. Qui sono stati individuati anche resti di terrazze, realizzate per aumentare la superficie coltivabile.
Gli esploratori che per primi scoprirono il Grande Zimbabwe e le altre rovine non credettero possibile che fossero opera di popolazioni nere. Si era del resto ancora in pieno Ottocento, quando si svilupparono le teorie sull’inferiorità della razza nera. Per giustificare l’esistenza di questi monumenti si tirarono in ballo i Fenici, i Persiani, gli Arabi e persino, ancora una volta, Salomone e la Regina di Saba.
Solo nel Novecento, grazie ai test effettuati con il metodo di datazione al Carbonio 14, si poté scoprire la vera età di questi siti, e confermarne l’origine interamente africana.
FONTI:
François Xavier Fauvelle, Il rinoceronte d’oro. Storie dal Medioevo africano, Einaudi 2017
Joseph Ki-Zerbo, Storia dell’Africa nera, Einaudi 1977
Roland Olivier – John D. Fage, Breve storia dell’Africa, Einaudi 1965